Per molti l’autunno è sinonimo di tristezza, soprattutto per la fine dell’estate e delle vacanze. Le temperature tornano ad abbassarsi, le giornate si accorciano, e gli alberi rinunciano alle loro foglie verdi. Però, c’è chi in tutto questo ci trova un po’ di magia. Perché l’autunno ha dei colori stupendi, e questo è innegabile. I viali si riempiono di tappeti di foglie scricchiolanti, si trascorrono lunghi pomeriggi in casa sotto le coperte, con una calda tazza di tè e un buon libro… e poi c’è Halloween.
L’autunno ci regala delle atmosfere stupende, con le sue zucche, le castagne, e la famigerata notte di “dolcetto o scherzetto”. In ogni stagione c’è qualcosa di bello, basta solo guardare con attenzione. Ora facciamoci cullare dalle parole di autori amati da tutti noi, come Gianni Rodari, Hermann Hesse e Giovanni Pascoli. Con questa raccolta rendiamo omaggio a una delle stagioni più suggestive, e perché no, anche un po’ malinconiche. Ecco 35 poesie sull’Autunno:
Poesie sull’Autunno
Dopo la nebbia
(Giuseppe Ungaretti)
Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle.
Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore
del cielo.
Ottobre
(Robert Frost)
O silenzioso mite mattino d’ottobre,
le foglie son mature per cadere;
il vento di domani, se avrà forza,
le spazzerà via tutte.
Chiamano i corvi sopra la foresta;
domani forse a stormi se ne andranno.
O silenzioso mite mattino d’ottobre;
lento comincia le ore di questa giornata.
Fa’ che il giorno ci sembri meno breve.
Non ci dispiace se tu dolcemente ci illudi,
illudici nel modo che tu sai.
Stacca una foglia allo spuntar dell’alba,
a mezzogiorno stacca un’altra foglia;
una dai nostri alberi, ed un’altra
molto lontano.
Trattieni il sole con nebbie gentili;
incanta la campagna d’ametista.
Ma piano, piano!
Per amore dell’uva,se non altro,
i cui pampini bruciano nel gelo,
i cui grappoli andrebbero distrutti
per amore dell’uva lungo il muro.
Autunno
(Guillaume Apollinaire)
Passano nella nebbia un contadino storto
e il suo bue,
lentamente, nella nebbia d’autunno
che nasconde i tuguri poveri e vergognosi.
E, mentre s’allontana, il contadino canta
una canzone triste dell’amore infedele,
che parla di un anello e d’un cuore spezzato.
Oh, l’autunno,
l’autunno ha sepolto l’estate!
Passano nella nebbia due figurine grigie.
Filastrocca settembrina
(Gianni Rodari)
Filastrocca settembrina
già l’autunno si avvicina,
già l’autunno per l’aria vola
fin sulla porta della scuola.
Sulla porta c’è il bidello,
che fischietta un ritornello,
poi con la faccia scura scura
prova la chiave nella serratura,
prova a suonare la campanella…
Bambino, prepara la cartella!
L’autunno
(Walt Whitman)
Ecco è l’autunno.
D’un verde più cupo, più gialli e più rossi,
gli alberi rendono freschi e dolci i villaggi dell’Ohio,
con le foglie che tremolano a un mite vento,
le mele pendono mature nei frutteti,
pendono i grappoli dai pergolati
(avverti l’aroma dei grappoli sui tralci?
Senti l’odore del grano saraceno, dove testé ronzavano, le api?).
Su tutto s’apre il cielo,
così limpido e calmo dopo la pioggia, e con mirabili nubi;
anche al disotto è tutto calmo, pieno di vita, bello;
il podere è in fiore.
Pioggia d’autunno
(Ada Negri)
Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia
che s’imbeve di te sin nelle fibre
che l’uniscono al ramo, e il ramo al tronco,
e il tronco al suolo; e tu dentro le vene
passi, e ti spandi, e si gran sete plachi.
So che annunci l’inverno: che fra breve
quella foglia cadrà, fatta colore
della ruggine, e al fango andrà commista,
ma le radici nutrirà del tronco
per rispuntar dai rami a primavera.
Vorrei, pioggia d’autunno, esser foglia,
abbandonarmi al tuo scrosciare, certa
che non morrò, che non morrò, che solo
muterò volto sin che avrà la terra
le sue stagioni, e un albero avrà fronde.
Settembre
(Hermann Hesse)
Triste il giardino: fresca
scende ai fiori la pioggia.
Silenziosa trema
l’estate, declinando alla sua fine.
Gocciano foglie d’oro
giù dalla grande acacia.
Ride attonita e smorta
l’estate dentro il suo morente sogno.
S’attarda fra le rose,
pensando alla sua pace;
lentamente socchiude
i grandi occhi pesanti di stanchezza.
Autunno e amore
(Laura Clementina Maiocchi)
Giunto è novembre; dal cielo plumbeo
cade la pioggia, lenta, monotona;
la brezza il fior distrugge,
la rondinella fugge.
A noi che importa? se i fiori sbocciano
nel maggio eterno delle nostre anime?
se il vivo sol d’amore
le inonda di splendore?
Autunno
(Salvatore Quasimodo)
Autunno mansueto, io mi posseggo
e piego alle tue acque a bermi il cielo,
fuga soave d’alberi e d’abissi.
Aspra pena del nascere
mi trova a te congiunto;
e in te mi schianto e risano:
povera cosa caduta
che la terra raccoglie.
Volano gli uccelli
(Wang Weu P’ei)
Volano gli uccelli
via, senza confine:
per tutto il mondo torna
l’autunnale splendore.
Il sole si posa,
nei pini si leva il vento.
Fra l’erba è poca rugiada.
Colori d’autunno
(Renzo Pezzani)
Tempo d’uva, miracolo di Dio!
La terra si spoglia tutta,
la casa odora di frutta,
il cielo piange d’addio!
Alla prima pioggia si è più soli,
il muro si insanguina di rampicanti,
sui giorni dorati come santi
la rondine scrive gli ultimi voli.
Bosco d’autunno
(Boris Pasternak)
Ha messo chiome il bosco d’autunno.
Vi dominano buio, sogno e quiete.
Né scoiattoli, né civette o picchi
lo destano dal sogno.
E il sole pei sentieri dell’autunno
entrando dentro quando cala il giorno
si guarda intorno bieco con timore
cercando in esso trappole nascoste.
Autunno
(Gianni Rodari)
Il fieno è falciato
il cacciatore ha sparato,
l’autunno è inaugurato:
Il grillo si è murato
nella tomba in mezzo al prato.
Sonetto d’autunno
(Arturo Graf)
O stanco autunno, o pia mestizia e cara
Allo stanco mio cor, dacché la folle
Lusinga tacque, e con lo sdegno a gara
L’inquïeto desio più non vi bolle;
O stanco autunno, dalle smunte zolle
Cui l’uom prostrato maledice ed ara,
Dal muto bosco, dal deserto colle,
Tu spiri al cielo una dolcezza amara.
E mentre il vento se ne trae le fronde
Inaridite, e pei cadenti clivi
Muojon, pregando il sol, gli ultimi fiori;
Tu, scolorate larve, e tremebonde
Ricordanze nell’anima ravvivi,
E dolci sogni di perduti amori.
Già la pioggia è con noi
(Salvatore Quasimodo)
Già la pioggia è con noi,
scuote l’aria silenziosa.
Le rondini sfiorano le acque spente
presso i laghetti lombardi,
volano come gabbiani sui piccoli pesci;
il fieno odora oltre i recinti degli orti. Ancora un anno è bruciato,
senza un lamento, senza un grido
levato a vincere d’improvviso un giorno.
Cadon le foglie
(Maria Maltoni)
Cadon le foglie come farfalle:
ve n’è di rosse, ve n’è di gialle,
volteggiano un momento,
e partono col vento.
E la povera pianta là, nell’aria,
rabbrividisce, nuda e solitaria.
Autunno
(Gianni Rodari)
Il gatto rincorre le foglie
secche sul marciapiede.
Le contende (vive le crede)
alla scopa che le raccoglie.
Quelle che da rami alti
scendono rosse e gialle
sono certo farfalle
che sfidano i suoi salti.
La lenta morte dell’anno
non è per lui che un bel gioco,
e per gli uomini che ne fanno
al tramonto un lieto fuoco.
Motivo autunnale
(Pejo Javorov)
Soffia sui campi la tramontana;
gli alberi scuote.
e dai rami inariditi
stacca le morte foglie.
Il vento le sparge,
lontano per i campi:
restan sol i neri fusti
che tristi agitano i rami spogli.
Foglia appassita
(Hermann Hesse)
Ogni fiore vuol diventare frutto,
ogni mattino sera,
di eterno sulla terra non vi è
che il mutamento, che il transitorio.
Anche l’estate più bella vuole
sentire l’autunno e la sfioritura.
Foglia, fermati paziente,
quando il vento ti vuole rapire.
Fai la tua parte e non difenderti,
lascia che avvenga in silenzio.
Lascia che il vento che ti spezza
ti sospinga verso casa.
Veder cadere le foglie
(Nazim Hikmet)
Veder cadere le foglie mi lacera molto
soprattutto le foglie dei viali
soprattutto se sono ippocastani
soprattutto se passano bimbi
soprattutto se il cielo è sereno
soprattutto se ho avuto, quel giorno,
una buona notizia
soprattutto se il cuore, quel giorno,
non mi fa male
soprattutto se credo, quel giorno,
che quella che amo mi ami
soprattutto se quel giorno
mi sento d’accordo
con gli uomini e con me stesso.
Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
dei viali d’ippocastano.
Foglie gialle
(Trilussa)
Ma dove ve ne andate,
povere foglie gialle,
come tante farfalle
spensierate?
Venite da lontano
o da vicino?
Da un bosco
o da un giardino?
E non sentite la malinconia
del vento stesso
che vi porta via?
Mattino d’autunno
(Federico García Lorca)
Che dolcezza infantile
nella mattinata tranquilla!
C’è il sole tra le foglie gialle
e i ragni tendono fra i rami
le loro strade di seta.
All’autunno
(John Keats)
Stagione di nebbie e morbida abbondanza,
tu, intima amica del sole al suo culmine,
che con lui cospiri per far grevi e benedette d’uva
le viti appese alle gronde di paglia dei tetti,
tu che fai piegare sotto le mele gli alberi muscosi del casolare,
e colmi di maturità fino al torsolo ogni frutto;
tu che gonfi la zucca e arrotondi con un dolce seme
i gusci di nocciola e ancora fai sbocciare
fiori tardivi per le api, illudendole
che i giorni del caldo non finiranno mai
perché l’estate ha colmato le loro celle viscose:
chi non ti hai mai vista, immersa nella tua ricchezza?
Può trovarti, a volte, chi ti cerca,
seduta senza pensieri sull’aia
coi capelli sollevati dal vaglio del vento,
o sprofondata nel sonno in un solco solo in parte mietuto,
intontita dalle esalazioni dei papaveri, mentre il tuo falcetto
risparmia il fascio vicino coi suoi fiori intrecciati.
A volte, come una spigolatrice, tieni ferma
la testa sotto un pesante fardello attraversando un torrente,
o, vicina a un torchio da sidro, con uno sguardo paziente,
sorvegli per ore lo stillicidio delle ultime gocce.
E i canti di primavera? Dove sono?
Non pensarci, tu, che una musica ce l’hai.
Nubi striate fioriscono il giorno che dolcemente muore,
e toccano con rosea tinta le pianure di stoppia:
allora i moscerini in coro lamentoso, in alto sollevati
dal vento lieve, o giù lasciati cadere,
piangono tra i salici del fiume,
e agnelli già adulti belano forte del baluardo dei colli,
le cavallette cantano, e con dolci acuti
il pettirosso zufola dal chiuso del suo giardino:
si raccolgono le rondini, trillando nei cieli.
Nella nebbia
(Giovanni Pascoli)
E guardai nella valle: era sparito
tutto! Sommerso! Era un gran mare piano
grigio, senz’onde, senza lidi, unito.
E c’era appena, qua e là, lo strano
vocio di gridi piccoli e selvaggi;
uccelli sparsi per quel mondo vano.
E alto, in cielo, scheletri di faggi,
come sospesi, e sogni di rovine
e di silenziosi eremitaggi.
Sera d’ottobre
(Giovanni Pascoli)
Lungo la strada vedi su la siepe
ridere a mazzi le vermiglie bacche:
nei campi arati tornano al presepe
tarde le vacche.
Vien per la strada un povero che il lento
passo tra foglie stridule trascina:
nei campi intuona una fanciulla al vento:
fiore di spina.
Autunno
(Saionji Kinmochi)
Dove vanno le foglie arrossate
che il vento stacca dagli alberi?
Volano e passano: il brusio del vento
è tutto ciò che rimane dell’autunno.
Violini d’autunno
(Paul Verlaine)
Singhiozzi lunghi
dai violini
dell’autunno
mordono il cuore
con monotono
languore.
Ecco ansimando
e smorto, quando
suona l’ora,
io mi ricordo
gli antichi giorni
e piango;
e me ne vado
nel vento ingrato
che mi porta
di qua e di là
come fa la
foglia morta.
La prima pioggia
(Marino Moretti)
Scendon le gocce della prima pioggia
che sui selciato ancor timida batte,
mentre settembre lietamente sfoggia
l’ardore delle sue bacche scarlatte.
E le foglie chiacchierine
parlano dell’autunno che ritorna
e che sotto la pioggia fine fine
di pampini e di bacche agile s’adorna.
Ottobre
(Vincenzo Cardarelli)
Un tempo, era d’estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all’autunno
dal colore che inebria;
amo la stanca stagione
che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest’aria che odora
di mosto e di vino
di questo vecchio sole ottobrino
che splende nelle vigne saccheggiate.
L’estate è finita
(Emily Dickinson)
Sono più miti le mattine
e più scure diventano le noci
e le bacche hanno un viso più rotondo.
La rosa non è più nella città.
L’acero indossa una sciarpa più gaia.
La campagna una gonna scarlatta,
Ed anch’io, per non essere antiquata,
mi metterò un gioiello.
Presagio d’autunno
(Primo Levi)
Il tempo si era guastato,
pioveva spesso,
ora in rovesci improvvisi,
ora in uno spolverìo fine e penetrante
che era quasi una nebbia;
i sentieri erano fangosi,
e i boschi emanavano un odore pungente di funghi
che faceva già presagire l’autunno.
Autunno
(Carlo Emilio Gadda)
Tàcite imagini della tristezza
Dal plàtano al prato!
Quando la bruma si dissolve nel monte
E un pensiero carezza
E poi lascia desolato – la marmorea fronte;
Quando la torre, e il rattoppato maniero,
Non chiede, al vecchio architetto, più nulla:
Allora il feudo intero – fruttifica una susina
Bisestile, alla collina
Dolce e brulla.
Tace, dal canto, il prato.
Il pianoforte della marchesina
Al tocco magico delle sue dita
S’è addormentato:
E dopo sua dipartita – l’autunno
S’è scelto un nuovo alunno:
Il passero!, lingua di portinaia
Dal gelso all’aia:
E il cancello e lo stemma sormonta
La nenia del campanile – e racconta
I ritorni, all’aurata foresta:
Garibaldeggia per festa
Sopra il travaglio gentile
Perché alla bella il ragazzo piaccia,
Quello che lassù canta, quello che lassù pesta.
Il vecchio marchese ha inscenato una caccia
Con quindici veltri, e galoppa,
Diplomatico sconsolato
Sul suo nove anni reumatizzato.
Della volpe nessuna notizia, nessuna traccia!
Il cavallo ha un nome inglese: e il corno sfiatato
Assorda nella tana il ghiro
Che una nocciòla impingua!
Al docicesimo giro
La muta s’è messa un palmo di lingua
E, mòbile macchia, cicloneggia bianca
Nella deserta brughiera
Là, verso il passaggio a livello,
Dove arriva stanca,
Salendo, la vaporiera.
Passa il merci e il frenatore – più bello,
Lungo fragore! – vana bandiera!
Ha incantato la cantoniera.
Ecco il diretto galoppa – verso città lontane
E il cavallo inglese intoppa
Negli sterpi dannati e calpesta
I formicai vuoti e le tane.
Ma dal campanile canta l’ora di festa – canta
Tristezze vane!
Rondini Addio
(Giovanni Pascoli)
Dunque, rondini rondini, addio!
Dunque andate, dunque ci lasciate
per paesi tanto a noi lontani.
E’ finita qui la rossa estate.
Appassisce l’orto: i miei gerani
più non han che i becchi di gru.
Oh, se, rondini rondini, anch’io…
Voi cantate forse morti eroi
su quest’alba, dalla vostre altane,
quando ascolto voi parlar tra voi
una vostra lingua di gitane,
una lingua che più non si sa.
Oh, se, rondini rondini, anch’io…
O son forse gli ultimi consigli
ai piccini per il lungo volo.
Rampicati stanno al muro i figli
che alloro nido, con un grido solo,
si rivolgono a dire: si va?
Dunque, rondini rondini, addio!
L’autunno
(Giuseppe Fanciulli)
L’autunno aveva il vestito di foglie variopinte e intorno al capo una corona di pampini.
Era grande come un gigante…
Camminava lento, barcollando un poco.
Si fermò in un gran prato
e si volse a guardare intorno
per ammirare lo spettacolo della natura
completamente cambiato dalla sua opera paziente.
Gli piacquero i boschi camuffati di rosso e d’oro;
si specchiò nel ruscello ancora limpido, rise,
e corse allegro come un ragazzo verso le montagne lontane sulle quali biancheggiavano le prime nevi.
Lungo la strada,
se v’erano ancora rondini intorno ai campanili,
le cacciava verso il cielo, e le rondini prendevano la via del Sud, a stormi neri picchiettati di bianco.
Giunto sulla cima più alta dei monti,
si diede a spingere nubi nel cielo,
e presto tutto fu grigio e discese la pioggia.
Le belle foglie d’oro dei boschi inaridirono,
marcirono e caddero.
Sole d’ottobre
(Ada Negri)
È così pura questa
gioia fatta di luce e d’aria: questa
serenità ch’è d’ogni cosa intorno
a te, d’ogni pensiero entro di te:
quest’armonia dell’anima col punto
del tempo e con l’amore che il tempo guida.
Non più grano, né frutti ha ormai la terra
da offrire. Sta limpido l’Autunno
sul riposo dell’anno… Il fisso
azzurro, immemore
di tuoni e lampi, stende il suo gran velo
di pace sulle rosseggianti chiome
delle foreste. Quand’è falciata
la spiga, spoglia la pannocchia,
rosso il vin nei tini, e le dorate noci
chiaman l’abbacchio, e fuor del
riccio scoppia
la castagna, che importa la minaccia
dell’Inverno, alla terra?..
Trasparente luce
d’ottobre, al cui tepor nulla matura
perché già tutto maturò: chiarezza
che della terra fa cosa di cielo.
Foglie morte
(Giovanni Pascoli)
Oh! che già il vento volta
e porta via le piogge!
Dentro la quercia folta
ruma le foglie roggie
che si staccano, e fru…
partono; un branco ad ogni
soffio che l’avviluppi.
Par che la quercia sogni
ora, gemendo, i gruppi
del novembre che fu.
Volano come uccelli,
morte nel bel sereno:
picchiano nei ramelli
del roseo pesco, pieno
de’ suoi cuccoli già.
E il roseo pesco oscilla
pieno di morte foglie:
quale s’appende e prilla,
quale da lui si toglie
con un sibilo, e va.
Ma quelle foglie morte
che il vento, come roccia,
spazza, non già di morte
parlano ai fiori in boccia,
ma sussurrano: – Orsù!
Dentro ogni cocco all’uscio
vedo dei gialli ugnoli:
tu che costì nel guscio
di più covar ti duoli,
che ti pèriti più?
Fuori le aluccie pure,
tu che costì sei vivo!
Il vento ruglia… eppure
esso non è cattivo.
Ruglia, brontola: ma…
contende a noi! Chè tutto
vuol che sia mondo l’orto
pei nuovi fiori, e il brutto,
il secco, il vecchio, il morto,
vuol che netti di qua.
Noi c’indugiammo dove
nascemmo, un po’, ma era
per ricoprir le nuove
gemme di primavera…
Così dicono, e fru…
San Martino
(Giosuè Carducci)
La nebbia agl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.
Autunno
(Vincenzo Cardarelli)
Già lo sentimmo venire
nel vento d’agosto,
nelle piogge di settembre
torrenziali e piangenti,
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora passa e declina,
in quest’autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.
Mattino d’autunno
(Alessandro Manzoni)
Il cielo era tutto sereno:
di mano in mano che il sole s’alzava
dietro il monte si vedeva la sua luce…
Un venticello d’autunno,
staccando dai rami
le foglie appassite del gelso,
le portava a cadere qualche passo
distante dall’albero.
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