Frasi di Luis Sepúlveda: le 100 più belle

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Con questa raccolta di aforismi, scopriamo insieme le più belle frasi di Luis Sepúlveda: 100 citazioni tratte dai suoi romanzi. Le storie di Luis Sepúlveda hanno incantato grandi e bambini, per la sensibilità verso tematiche come la libertà, il rispetto e l’amicizia tra uomini e animali. Questa raccolta vuole essere un piccolo omaggio al noto autore cileno scomparso recentemente.

Scrittore, sceneggiatore, attivista, Luis Sepúlveda ha sempre cercato di raccontare il mondo dal punto di vista dei più deboli, ed era noto soprattutto per la dolcezza con cui descriveva il mondo animale. Con le sue storie, spesso simili a vere e proprie favole, voleva insegnarci a rispettare ogni forma di vita e il mondo che ci ospita. “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” è forse la sua opera più famosa, quella che è entrata nel cuore di tutti, anche grazie all’adattamento cinematografico. Ma ricordiamo anche “Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico”, oppure “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, e il suo ultimo libro “Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa”. Luis Sepúlveda ci raccontava il mondo con un linguaggio chiaro, attraverso personaggi in grado di diventare nostri amici, favole per far emozionare i bambini e riflettere gli adulti. Un autore considerato da molti la voce degli oppressi, e che grazie ai suoi scritti vivrà per sempre nella nostra memoria. Perché le sue favole, hanno insegnato qualcosa a tutti noi. Ecco 100 frasi di Luis Sepúlveda.

Aforismi, Citazioni e Frasi di Luis Sepúlveda

Un vero ribelle conosce la paura ma sa vincerla.

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Un amico capisce i limiti dell’altro e lo aiuta.

La nostalgia non so cosa sia, però a volte la sento, e mi piace provarla.

I veri amici condividono anche il silenzio.

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Gli amici non si ingannano mai e poi mai.

La libertà è uno stato di grazia e si è liberi solo mentre si lotta per conquistarla.

Le mie storie sono scritte da un uomo che sogna un mondo migliore, più giusto, più pulito e generoso. Le mie storie sono scritte da un cileno che sogna di veder realizzato in questo paese il sogno più bello, quello di sederci tutti con fiducia alla stessa tavola, senza la vergogna di sapere che gli assassini di coloro di cui sentiamo la mancanza non ricevono il giusto castigo.

Gli animali vivono seguendo il loro istinto e non fanno sbagli. L’uomovive seguendo la ragione, quindi ha bisogno di una parte della vitaper fare sbagli, un’altra per poterli capire, e una terza per cercare di viveresenza sbagliare.

Vola solo chi osa farlo.

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Ululo perché la voce del dolore non si dimentica mai.

La morte è l’unica opera umana che tocca la perfezione, e a noi è vietato vederla.

Quando gli amici sono uniti, non possono essere sconfitti.

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È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile.

Il volto umano non mente mai: è l’unica cartina che segna tutti i territori in cui abbiamo vissuto.

«Sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante» miagolò Zorba «Ah sì? E cosa ha capito?» chiese l’umano «Che vola solo chi osa farlo» miagolò Zorba.

Nessuno riesce a legare un tuono, e nessuno riesce ad appropriarsi dei cieli dell’altro nel momento dell’abbandono.

La polizia è un promemoria del peccato originale.

La nostalgia non so cosa sia, però a volte la sento, e mi piace provarla, per ciò che è stato e per i propositi che hanno avuto la possibilità di diventare realtà.

Il testo raccontava di come fosse fantastico camminare a mezzanotte e mezzo per la Reeperbahn, la strada delle puttane. Era una descrizione del paradiso assai più interessante di quelle della Bibbia e del Corano messe insieme.

«Ma io non voglio volare. Non voglio nemmeno essere un gabbiano» replicava Fortunata. «Voglio essere un gatto e i gatti non volano.»

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Solo sognando e restando fedeli ai sogni riusciremo a essere migliori e, se noi saremo migliori, sarà migliore il mondo.

Quegli occhi verdi nascondevano il balsamo per eludere i sogni.

Io sono stato qui e nessuno racconterà la mia storia.

L’America Latina confina a nord con l’odio, e non ha altri punti cardinali.

Forse non sa volare con ali d’uccello, ma ad ascoltarlo ho sempre pensato che voli con le parole.

La fame rende più acuti i sensi.

I veri amici condividono anche le piccole cose che allietano la vita.

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Si esilia chi non ha conosciuto che un lato della medaglia e porta i suoi errori più in là di dove li ha appresi, ma chi ha attraversato tutto il tunnel scoprendo che entrambi gli estremi sono bui rimane prigioniero, appiccicato come una mosca alla striscia coperta di miele.

È molto facileaccettare e amarechi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutatoa farlo.

Le mie storie sono scritte da un uomo che sogna un mondo migliore, più giusto, più pulito e generoso.

Quante volte avevamo lasciato l’auto sul ciglio della strada per addentrarci, mano nella mano, sui sentieri tracciati fra le dune, per vedere il mare e rifugiarci in un silenzio salvifico che, malgrado la sua forza, non riusciva a nascondere l’amore trattenuto e determinante della vecchia arte di respirare.

La felicità è un diritto umano.

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E se è tutto un sogno, che importa. Mi piace e voglio continuare a sognare.

I coloni rovinavano la foresta costruendo il capolavoro dell’uomo civilizzato: il deserto.

La memoria è la pietra angolare che sostiene tutta la mia architettura di uomo e scrittore. La nostalgia non so cosa sia, però a volte la sento, e mi piace provarla, per ciò che è stato e per i propositi che hanno avuto la possibilità di diventare realtà.

«Buongiorno, amico» a cui l’altro rispose con un ilare: «Lo sarà di sicuro.»

In un angolo del campo di concentramento, a un passo da dove si innalzavano gli infami forni crematori, nella ruvida superficie di una pietra, qualcuno, chi?, aveva inciso con l’aiuto di un coltello forse, o di un chiodo, la più drammatica delle proteste: «Io sono stato qui e nessuno racconterà la mia storia.»

La felicità è un diritto umano. Allo stesso modo in cui ho combattuto, più che per l’idea di libertà, per non dimenticare che sono un uomo libero: quando difendo il diritto alla felicità, lo faccio per non dimenticare che io sono stato e sono immensamente felice.

Disgraziatamente gli umani sono imprevedibili. Spesso con le migliori intenzioni causano i danni peggiori.

Gli amici si danno man forte, si insegnano tante cose, condividono i successi e gli errori.

«Come va, amico?» mi salutò.

Sappiamo molto poco delle leggi che reggono il caso.

Era amore puro, senza altro fine che l’amore stesso. Senza possesso e senza gelosia.

I veri amici si aiutano a superare qualsiasi difficoltà.

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Se non abbiamo una meta precisa a cui arrivare, continuiamo a girare a vuoto.

Un professionista vive solo, e per dar sollievo al corpo il mondo offre un’ampia scelta di puttane.

Un amico si prende sempre cura della libertà dell’altro.

Quando difendo il diritto alla felicità, lo faccio per non dimenticare che io sono stato e sono immensamente felice.

Poiché le parole sono come il vino: hanno bisogno di respiro e di tempo perché il velluto della voce riveli il loro sapore definitivo.

Perché se li nominiamo e raccontiamo le loro storie, i nostri morti non muoiono.

«Volare mi fa paura» stridette Fortunata alzandosi. «Quando succederà, io sarò accanto a te» miagolò Zorba leccandole la testa.

Gli animali domestici hanno aiutato l’uomo a produrre piú cibo in quattro modi diversi: fornendo latte, carne, concime e forza motrice per gli aratri.

«E perché io devo volare?» strideva Fortunata con le ali ben strette al corpo. «Perché sei una gabbiana e i gabbiani volano» rispondeva Diderot. «Mi sembra terribile, terribile! che tu non lo sappia». «Ma io non voglio volare. Non voglio nemmeno essere un gabbiano» replicava Fortunata. «Voglio essere un gatto e i gatti non volano.»

Sai leggere? Allora hai diritto al voto.

I veri amici condividono il meglio che hanno.

Un professionista non se la prende mai con un cretino.

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Sogniamo che un altro mondo è possibile e realizzeremo quest’altro mondo possibile.

Volevo ridere, ma a volte gli ordini del cervello si confondono, si incrociano, entrano in cortocircuito, qualcosa va storto nell’alchimia della vita, qualcosa erte mi scosse in uno spasmo per poi farmi scoppiare a piangere.

Ci piaccia o no, portiamo tutti inscritta nel nostro codice genetico la meccanica della fuga in avanti.

Un po’ alla volta comincio ad amare tutti gli esseri viventi. Anche gli umani, s’intende. Ma soprattutto gli animali, le bestie di ogni razza.

Quando una nazione ricca installa una discarica di rifiuti chimici o nucleari in un paese povero sta saccheggiando il futuro di quell’agglomerato umano, perché se i rifiuti sono, come dicono, “inoffensivi”, per quale ragione non hanno installato la discarica sul proprio territorio?

Nessun uccello vola appena nato, ma arriva il momento in cui il richiamo dell’aria è più forte della paura di cadere e allora la vita gli insegna a spiegare le ali.

Gente che conosceva la durezza della vita e perciò si godeva quello che aveva con invidiabile passione.

Scoprì che sapeva leggere nello stesso periodo in cui gli marcirono i denti.

Il mondo è stato e sarà una porcheria. Perciò impariamo a muoverci con il portafoglio fra i denti e il culo bene attaccato al muro.

Per tutto il tempo, lungo o breve, non importa, perché la vita si misura dall’intensità con cui si vive.

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Forse tutti i dubbi che pone questa relazione sono già stati risolti e riformulati migliaia di volte nei bianchi labirinti di Moxoxomoc.

Quando vide la mia tristezza lei voleva restare, ma era scritto che quella notte avrei perso il suo amore.

È questa determinazione a fare di te una ribelle.

Antonio José Bolìvar arrivò davanti al tavolo. «Sai leggere? Allora hai diritto al voto.» «Diritto a che?» «Al voto. Al suffragio universale e segreto. A scegliere democraticamente fra i tre candidati che aspirano alla prima magistratura. Hai capito?» «Nemmeno una parola. Quanto mi costa questo diritto?»

Forse ci univa l’ignoranza di una meccanica fondamentale, quella del caso. Borges aveva proprio ragione quando diceva che sappiamo molto poco delle leggi che reggono il caso.

Mi hai deluso, bambina. E io non ammetto questo genere di delusioni.

Questa novella non giungerà mai alle tue mani, Chico Mendes, amico amato di poche parole e molte azioni.

Le mani sono l’unica parte del corpo che non mente.

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Fortunata, ti assicuro che sarai felice, e allora i tuoi sentimentiverso di noi e i nostri verso di te saranno più intensi e più belli, perché sarà l’affettotra esseri completamente diversi.

Antonio José Bolìvar Proaño si ritrovò con tutto il tempo a sua disposizione, e scoprì che sapeva leggere nello stesso periodo in cui gli marcirono i denti.

I veri amici condividono i sogni e le speranze.

Gli amici non muoiono e basta: «ci» muoiono, una forza atroce ci mutila della loro compagnia e poi dobbiamo continuare a vivere con quei vuoti nelle ossa.

Non solo provocate volontariamente sofferenzenon necessarie, ma anche l’indifferenzanei loro confronti. È molto più facile essere crudelidi quanto si potrebbe pensare.

Madre Naturaha inserito dentro di noi, non intendo solo noi umani, ma anche tutti i vertebrati, una specie di software biologico finalizzato ad aumentarele probabilitàdi sopravvivenza in caso di minaccia.

A volte il vino è la manifestazione liquida del silenzio.

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Il cacciatore deve essere sempre un po’ affamato, perché la fame rende più acuti i sensi.

Cosa avrebbero fatto con un gattoparlante? Sicuramente lo avrebbero chiuso in una gabbia per sottoporlo a ogni genere di stupidiesami.

E nella sua impotenza scoprì che non conosceva abbastanza bene la foresta da poterla odiare.

Fermati, come il cavallo che intuisce l’abisso negli zoccoli, sii saggio, fermati.

Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia.

Le mani sono l’unica parte del corpo che non mente. Calore, sudore, tremito e forza. È quello il linguaggio delle mani.

Per quanto cercasse di far rivivere il suo progetto di odio, continuava a sentirsi bene in quel mondo, finché pian piano dimenticò, sedotto da quei luoghi senza confini né padroni.

L’ultima rivoluzione rimasta in sospeso è quella dell’immaginario: dobbiamo essere capaci di immaginare in quale mondo e società vogliamo vivere, e se vogliamo essere cittadini o consumatori.

[Davanti alla femmina di tigrillo] Eccomi qua tutto per te. Sono Antonio José Bolìvar Proaño e l’unica cosa che ho d’avanzo è la pazienza.

«Immagino che lo spaccio gli abbia reso qualcosa. Sapete che faceva dei soldi?» intervenne di nuovo il ciccione. «Soldi? Se li giocava a dadi, lasciando appena il necessario per rifornirsi di merci. Qui è così, nel caso non lo sapesse. È la foresta che ci entra dentro. Se non abbiamo una meta precisa a cui arrivare, continuiamo a girare a vuoto.“

Zorba leccò la testa della piccola gabbiana. Rimpianse di non aver chiesto alla madre come si chiamava, perché se la figlia era destinata a proseguire il suo volo interrotto nella disgrazia, sarebbe stato bello che portasse il suo nome. «Visto che la pulcina ha avuto la fortuna di cadere sotto la nostra protezione» miagolò Colonnello, «propongo di chiamarla Fortunata». «Per il fegato di merluzzo! È un bel nome!»

Aveva sentito dire spesso che con gli anni arriva la saggezza, e aveva aspettato, fiducioso, che questa saggezza gli desse quello che più desiderava: la capacità di guidare la direzione dei ricordi per non cadere nelle trappole che questi spesso gli tendevano.

Tutti cominciammo a guardare in fondo al bicchiere, cercandovi le parole per riconoscere una delle verità più tristi, quella che ci insegna la cosa peggiore dei cinquantanni, e cioè che a quell’età cominciano a morirci gli amici.

Miagolarel’idioma degli umani è tabù. Così recitava la leggedei gatti, e non perché loro non avessero interessecomunicare. Il grosso rischioera nella rispostache avrebbero dato gli umani. Cosa avrebbero fatto con un gattoparlante? Sicuramente lo avrebbero chiuso in una gabbia per sottoporlo a ogni genere di stupidiesami, perché in genere gli umani sono incapacidi accettare che un esserediverso da loro li capisca e cerchi di farsi capire. I gattisapevano, per esempio, della triste sortedei delfini, che si erano comportati in modo intelligentecon gli umani e così erano stati condannatifarepagliaccinegli spettacoliacquatici. E sapevano anche delle umiliazionia cui gli umani sottopongono qualsiasi animale che si mostri intelligentee ricettivo con loro. Per esempio i leoni, i grandi felini, obbligati a viveredietro le sbarre e a vedersi infilare tra le fauci la testa di un cretino; o i pappagalli, chiusi in gabbia a ripeteresciocchezze. Perciò miagolarenel linguaggiodegli umani era un grandissimo rischioper i gatti.

Durante la sua vita tra gli shuar non ebbe bisogno dei romanzi per conoscere l’amore.

Sapeva leggere. Fu la scoperta più importante di tutta la sua vita. Sapeva leggere. Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia. Sapeva leggere. Ma non aveva niente da leggere.

Lei è sotto la doccia. L’acqua le cade sul corpo e vi indugia formando repentine stalattiti nell’abisso di quei seni che hai baciato per ore e ore.

Fra amici bisogna dire sempre la verità.

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Ti vogliamo tutti bene, Fortunata. E ti vogliamo bene perché sei una gabbiana, una bella gabbiana. Non ti abbiamo contradetto quando ti abbiamo sentito stridere che eri un gatto, perché ci lusinga che tu voglia essere come noi, ma sei diversa e ci piace che tu sia diversa. Non abbiamo potuto aiutare tua madre, ma te sì. Ti abbiamo protetta fin da quando sei uscita dall’uovo. Ti abbiamo dato tutto il nostro affetto senza alcuna intenzione di fare di te un gatto. Ti vogliamo gabbiana. Sentiamo che anche tu ci vuoi bene, che siamo i tuoi amici, la tua famiglia, ed è bene tu sappia che con te abbiamo imparato qualcosa che ci riempie di orgoglio: abbiamo imparato ad apprezzare, a rispettare e ad amare un essere diverso. È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo. Sei una gabbiana e devi seguire il tuo destino di gabbiana. Devi volare. Quando ci riuscirai, Fortunata, ti assicuro che sarai felice, e allora i tuoi sentimenti verso di noi e i nostri verso di te saranno più intensi e più belli, perché sarà l’affetto tra esseri completamente diversi.

«Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. È acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le ali» miagolò Zorba. La gabbianella spiegò le ali. I riflettori la inondavano di luce e la pioggia le copriva di perle le piume. L’umano e il gatto la videro sollevare la testa con gli occhi chiusi. «La pioggia. L’acqua. Mi piace!» stridette. «Ora volerai» miagolò Zorba. «Ti voglio bene. Sei un gatto molto buono» stridette Fortunata avvicinandosi al bordo della balaustra. «Ora volerai. Il cielo sarà tutto tuo» miagolò Zorba.“

Al tramonto cadde il vento sabbioso del deserto e il vecchio Mediterraneo unì il suo odore salmastro all’aroma sottile delle magnolie. Era il momento migliore per uscire dalla casa museo di Kavafis, povera ma dignitosa, e fare una passeggiata per le viuzze di Alessandria prima di tornare in albergo. L’aria era inebriante. Mi venne sete e ricordai che nel minibar della camera mi aspettava una bottiglia di spumante catalano comprata all’aeroporto di Madrid. Mi sembrò un buon motivo per affrettare il passo e così tirai dritto davanti agli invitanti tavolini all’aperto di svariati locali: non avevo voglia di bere il caffè dolce degli egiziani o l’odiosa birra analcolica, insulsa come i precetti religiosi che la imponevano.

Durante la sua vita tra gli shuar non ebbe bisogno dei romanzi per conoscere l’amore. Non era uno di loro, e pertanto non poteva avere mogli. Ma era come uno di loro, e quindi lo shuar anfitrione, durante la stagione delle piogge, lo pregava di accettare una delle sue spose per maggiore orgoglio della sua casta e della sua casa. La donna offertagli lo conduceva fino alla riva del fiume. Lì, intonando anents, lo lavava, lo adornava e lo profumava, per poi tornare alla capanna ad amoreggiare su una stuoia, coi piedi in alto, riscaldati dolcemente da un fuoco, senza mai smettere di intonare anents, poemi nasali che descrivevano la bellezza dei loro corpi e la gioia del piacere, aumentato infinitamente dalla magia della descrizione. Era amore puro, senza altro fine che l’amore stesso. Senza possesso e senza gelosia.