Poesie sull’Amore Finito e Perduto: le 35 più belle e famose

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L’amore è un sentimento splendido, che però può anche finire. Quando un amore finisce, è inevitabile soffrire, incolparsi o incolpare l’altro per come sono andate le cose. In questi casi, il tempo è la miglior medicina. Il dolore e la rabbia passano col passare dei giorni, finché non siamo pronti ad aprire di nuovo il nostro cuore.

Quella che segue è una raccolta di pensieri toccanti e carichi di significato, che possono aiutarci a riflettere e superare al meglio un momento difficile come la fine di una storia d’amore. Ecco 35 poesie sull’amore finito.

Poesie sull’Amore Finito

Io ti chiesi di
(Hermann Hesse)

Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste

Tutte le lettere d’amore sono ridicole
(Fernando Pessoa)

Tutte le lettere d’amore sono ridicole.
Non sarebbero lettere d’amore se non fossero ridicole.
Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore, come le altre, ridicole.
Le lettere d’amore, se c’è l’amore, devono essere ridicole.
Ma dopotutto solo coloro che non hanno mai scritto lettere d’amore sono ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo senza accorgermene lettere d’amore ridicole.
La verità è che oggi sono i miei ricordi di quelle lettere a essere ridicoli.
Tutte le parole sdrucciole, come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente ridicole.

Ti amai
(Aleksandr Sergeevi? Puškin)

Ti amai, anche se forse ancora non è spento del tutto l’amore.
Ma se per te non è più tormento voglio che nulla ti addolori.
Senza speranza, geloso, ti ho amata nel silenzio e soffrivo,
teneramente ti ho amata come, Dio voglia,
un altro possa amarti.

Sogno, dove sei ora?
(Emily Brontë)

Sogno, dove sei ora? Tanto tempo è trascorso
Da quando la luce svanì dalla tua fronte d’angelo ohimè, ohimè eri così lucente e bello!
Non avrei mai creduto che Il ricordo tuo portasse solo dolore!
La tempesta e i raggi del sole, il divino crepuscolo estivo,
la notte, immobile in un silenzio solenne, la luna, piena e scintillante e senza nubi,
una volta tutto si legava a te, e ora solo una pena indicibile.
Visione perduta! Basta… Non puoi più splendere ormai.

Il tuo sorriso
(Pablo Neruda)

Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.
Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l’acqua che d’improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d’argento che ti nasce.
Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d’aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.
Amor mio, nell’ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d’improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.
Vicino al mare, d’autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.
Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell’isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.

Ricordami
(Christina Rossetti)

Tu ricordami quando sarò andata lontano, nella terra del silenzio,
né più per mano mi potrai tenere, né io potrò il saluto ricambiare.
Ricordami anche quando non potrai giorno per giorno dirmi dei tuoi sogni:
ricorda e basta, perché a me, lo sai, non giungerà parola né preghiera.
Pure se un po’ dovessi tu scordarmi e dopo ricordare, non dolerti:
perché se tenebra e rovina lasciano tracce dei miei pensieri del passato,
meglio per te sorridere e scordare che dal ricordo essere tormentato.

Povero Catullo
(Gaio Valerio Catullo)

Povero Catullo, smettila di illuderti!
Ciò che è perso – e lo sai – è perso : ammettilo.
Giorni di luce i tuoi, un lampo lontano, quando correvi
dove la tua fanciulla ti chiamava, lei amata come nessuna sarà mai.
Quanta allegria, allora : quanti giochi volevi, e lei accettava.
Davvero un lampo lontano, quei giorni.
Ora non vuole più: e tu devi accettare.
Non seguirla, se fugge, e non chiuderti alla vita:
resisti, con tutte le tue forze.
Addio, fanciulla. Catullo è forte: non verrà a cercarti, non ti pregherà, se tu non vuoi.
Ma tu, senza le sue preghiere, soffrirai.
Ah, infelice, che vita ti rimane? Chi ti vorrà?
A chi sembrerai bella? Chi amerai? Chi ti dirà: “Sei mia!” ?
Chi bacerai? A chi morderai le labbra?
Ma tu, Catullo, non cedere, resisti.

Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
(Nazim Hikmet)

Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d’estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro.

Non posso più essere contento
(Federico García Lorca)

Non posso più essere contento,
per tutti i miei giorni devo portare
nella mia nostalgia la tua immagine.
son proprio tuo.

Non piangere per me quando mi saprai morto
(William Shakespeare)

Non piangere per me quando mi saprai morto,
non oltre il suono tetro della campagna lugubre,
che da notizia al mondo che io sono fuggito dalla sua codardia
per vivere coi vermi.
Anzi, se leggerai queste righe, dimentica la mano che le ha scritte:
io t’amo così tanto che vorrei scomparire dalla tua cara mente
se il pensiero di me può portarti dolore.
Oh se mai tu posassi gli occhi su questi versi
quando forse sarò già sfatto nella terra, ti prego non chiamare
il mio povero nome ma lascia che il tuo amore con la mia vita muoia,
così che il mondo accorto non veda mai che tu soffri ancora
e ne rida quando non sarò più!

Ciò che ho scritto di noi
(Nazim Hikmet)

Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
è la mia nostalgia
cresciuta sul ramo inaccessibile
è la mia sete
tirata su dal pozzo dei miei sogni
è il disegno
tracciato su un raggio di sole
ciò che ho scritto di noi è tutta verità
è la tua grazia
cesta colma di frutti rovesciata sull’erba
è la tua assenza
quando divento l’ultima luce all’ultimo angolo della via
è la mia gelosia
quando corro di notte fra i treni con gli occhi bendati
è la mia felicità
fiume soleggiato che irrompe sulle dighe
ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
ciò che ho scritto di noi è tutta verità.

Non invidio
(Alfred Tennyson)

Non invidio in alcun modo il vuoto opprimente della nobile rabbia,
il cardellino nato nella gabbia che non ha mai conosciuto i boschi estivi.
Non invidio l’animale che si prende la sua libertà nel tempo,
senza essere toccato dal senso di colpa, e la cui coscienza non viene mai risvegliata.
E neppure, sebbene esso possa ritenersi beato,
il cuore che non ha mai fatto una promessa di matrimonio,
ma resta lì, a stagnare, nell’indolenza. E non voglio alcun riposo del desiderio.
E tengo per certo, qualunque cosa accada,
e lo confermo proprio quando soffro di più:
è meglio aver amato e perso che non aver amato mai.

Nel mio dolore
(Paul Éluard)

Nel mio dolore nulla è in movimento
Di quello che io stesso sono stato
Attendo, nessuno verrà
Né di giorno né di notte né mai più
I miei occhi si sono separati dai tuoi occhi
Perdono fiducia perdono la luce
La mia bocca si è separata dalla tua bocca
La mia bocca si è separata dal piacere
E dal senso dell’amore e dal senso della vita
Le mie mani si sono separate della tue mani
Le mie mani lasciano sfuggire tutto
I miei piedi si sono separati dai tuoi piedi
Non avanzeranno più non ci sono più strade
Non conosceranno più né il peso né il riposo
Mi è concesso di veder finire la mia vita
Con la tua
La mia vita è in tuo potere
che ho creduto infinita
E l’avvenire la mia sola speranza è il mio sepolcro
Identico al tuo circondato da un mondo indifferente
Ero così vicino a te che ho freddo vicino agli altri.

L’ultimo addio
(Ugo Foscolo)

T’amai, dunque, t’amai, e t’amo ancor di un amore
che non si può concepire che da me solo.
È poco prezzo, o mio angelo, la morte per chi ha potuto udir che tu l’ami,
e sentirsi scorrere in tutta l’anima la voluttà del tuo bacio,
e pianger teco – io sto col piè nella fossa; eppure tu anche in questo frangente ritorni,
come solevi, davanti a questi occhi che morendo si fissano in te,
in te che sacra risplendi di tutta la tua bellezza…
Io muoio… pieno di te, e certo del tuo pianto…

Noi
(Roberta Corimbi)

Destino crudele
il nostro
per questo amore svanito
e ormai lontano.
Noi spaiati e svuotati.
Lacerati i cuori
dai ricordi
velati di tristezza
nel chiedersi perché.
Questo amore
affievolito poco a poco
ma non totalmente
gridano i nostri cuori.
Forse non così crudele
è questo destino.

Lascio la casa bianca e il muto giardino
(Anna Achmàtova)

Lascio la casa bianca e il muto giardino.
Deserta e luminosa mi sarà la vita.
Nessuna donna saprà cullarti come io ti celebro nei miei versi:
non scordare la tua cara amica nell’Eden che hai creato per i suoi occhi,
per me che spaccio una merce rarissima e vendo il tuo tenerissimo amore.

L’addio
(Umberto Saba)

Senz’addii m’hai lasciato e senza pianti;
…devo di ciò accorarmi? Tu non piangevi perché avevi tanti,
…tanti baci da darmi. Durano sì certe amorose intese
…quanto una vita e più. Io so un amore che ha durato un mese,
…e vero amore fu.

L’addio
(Aleksandr Sergeevi? Puškin)

Il tuo volto una volta ancora
Con la mente oso carezzare,
In sogno con la forza del cuore, con diletto triste esitante, il tuo amore per me ricordare.
Il nostro tempo fugge via tutto muta e porta via con sé, per il tuo poeta,
diletta mia, di tenebra tu sei già vestita, e anche il poeta è morto per te.
Accogli dunque, amica lontana, l’addio del mio cuore attristato.
Come sposa che vedova rimane, come amico che abbraccia in silenzio
un amico che viene esiliato.

Lacrime, vane lacrime ed arcane dal sen d’una divina disperanza,
sorgano in cuor, s’accolgono negli occhi. Vedendo i lieti campi dell’autunno,
pensando ai giorni che non sono più. Gai come il primo raggio su una vela
che ci riporti i cari d’oltremare, tristi come l’estremo
su una vela che affondi insieme con tutto quel che amiamo:
Si tristi e gai quei dì che non son più.
Ah, tristi e strani come in alba oscura voci d’uccelli per morenti orecchi,
mentre ad occhi morenti la finestra via via diventa un pallido quadrato;
si tristi e strani i dì che non son più.
Cari siccome i baci ricordati dopo la morte,
e dolci come i baci sognati invan, profondi come amore,
il primo amore, e folli di rimpianto: O Morte in Vita, i dì che non son più.

Invece di una lettera
(Vladimir Vladimirovic Majakovskij)

Il fumo del tabacco ha roso l’aria. La stanza è un capitolo dell’inferno di Kruchenych. Ricordi? Accanto a questa finestra per la prima volta accarezzai freneticamente le tue mani. Oggi, ecco, sei seduta, il cuore rivestito di ferro. Ancora un giorno, e mi scaccerai, forse maledicendomi. Nella buia anticamera, la mano, rotta dal tremito, a lungo non saprà infilarsi nella manica. Poi uscirò di corsa, e lancerò il mio corpo per la strada. Fuggito da tutti, folle diventerò, consunto dalla disperazione. Ma non è necessario tutto questo; cara, dolce, diciamoci adesso addio. Il mio amore, peso così schiacciante ancora, ti grava sopra lo stesso, dovunque tu fugga. Lasciami sfogare in un ultimo grido l’amarezza degli offesi lamenti. Se lo sfiancano di lavoro, un bue, se ne va ad adagiarsi sulle fredde acque.

Il tuo cuore lo porto con me
(Edward Estlin Cummings)

Il tuo cuore lo porto con me. Lo porto nel mio Non me ne divido mai. Dove vado io, vieni anche tu, mia amata; qualsiasi cosa sia fatta da me, la fai anche tu, mia cara. Non temo il fato perché il mio fato sei tu, mia dolce. Non voglio il mondo, perché il mio, il più bello, il più vero sei tu. tu sei quel che luna sempre fu e quel che un sole sempre canterà sei tu Questo è il nostro segreto profondo radice di tutte le radici germoglio di tutti i germogli e cielo dei cieli di un albero chiamato vita, che cresce più alto di quanto l’anima spera, e la mente nasconde., Questa è la meraviglia che le stelle separa. Il tuo cuore lo porto con me, lo porto nel mio.

Il passato
(Emily Dickinson)

È una curiosa creatura il passato e a guardarlo in viso si può approdare all’estasi o alla disperazione. Se qualcuno l’incontra disarmato, presto, gli grido, fuggi! Quelle sue munizioni arrugginite possono ancora uccidere!

Malinconia
(Sabisse)

…lacrime di una tristezza infinita
segnano il mio viso sotto questa pioggia battente,
questo viso innamorato di quegli occhi che mi hanno tradita…
Ora il dolore, il tormento, l’angoscia, il rancore hanno il volto che avevo imparato ad amare.
Questa è la malinconia.
Una disperazione che sfocia in un oceano di desolata calma apparente…
…malinconia è guardarsi è vedere il vuoto tra noi.

Il giorno è già passato
(John Keats)

Il giorno è già passato e le dolcezze son tutte passate! O dolce voce, bocca, tenera mano e più tenero seno, Caldo respiro, sussurri, come tenere voci smorzate, Occhi splendidi, forme superbe e i fianchi dal fascino pieno! Il fiore s’è avvizzito con ogni incanto ch’era germogliato, Della beltà i miei occhi han visto dileguare la visione, E neppure un’impronta sulle mie braccia la beltà ha lasciato, È svanita la voce, quel cielo di purezza e di passione. Tutto è fuggito via innanzi tempo al cader della sera, Quando già quegli scialbi notte e giorno festivi, nel velame Profumato d’amore di quell’oscurità che più s’annera, Cominciano a intrecciare per il piacere nascosto le trame.

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
(Eugenio Montale)

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede. Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr’occhi forse si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue.

Giaccio da solo nella casa silenziosa
(Federico García Lorca)

Giaccio da solo nella casa silenziosa, la lampada è spenta, e stendo pian piano le mie mani per afferrare le tue, e lentamente spingo la mia fervente bocca verso di te e bacio me fino a stancarmi e ferirmi e all’improvviso son sveglio, ed intorno a me la fredda notte tace, luccica nella finestra una limpida stella o tu, dove sono i tuoi capelli biondi, dov’è la tua dolce bocca? Ora bevo in ogni piacere la sofferenza e veleno in ogni vino; mai avrei immaginato che fosse tanto amaro essere solo essere solo e senza di te!

Forse mi dimenticherai
(Allan Riger-Brown)

Lo scorrere del tempo ti aiuterà: altri sguardi, altri sorrisi desteranno un sussulto nel tuo cuore. Un altro sole ti scalderà. Altre piogge, altre lacrime bagneranno il tuo volto. Altre brezze si confonderanno con i tuoi sospiri ed io non sarò più per te che un nome,un ombra. O forse un giorno, quando cercando te stesso avrai ancora affondato le mani nella vita, quando sarai finalmente convinto che chi sei è dentro di te, non fuori, non nei corpi più belli, non nei paesaggi profumi sapori più splendidi, ma dentro di te, forse allora mi ricorderai e saprai che ciò che vedesti specchiato nei miei occhi fu quel luogo recondito Ciò che svelammo un attimo insieme fu noi stessi. E fu il sussulto più dolce, più vero.

Eterna presenza
(Pedro Salinas)

Non importa che non ti abbia, non importa che non ti veda. Prima ti abbracciavo, prima ti guardavo, ti cercavo tutta, ti desideravo intera. Oggi non chiedo più né alle mani, né agli occhi, le ultime prove. Di starmi accanto ti chiedevo prima, sì, vicino a me, sì, sì, però lì fuori. E mi accontentavo di sentire che le tue mani mi davano le tue mani, che ai miei occhi assicuravano presenza. Quello che ti chiedo adesso è di più, molto di più, che bacio o sguardo: è che tu stia più vicina a me, dentro. Come il vento è invisibile, pur dando la sua vita alla candela. Come la luce è quieta, fissa, immobile, fungendo da centro che non vacilla mai al tremulo corpo di fiamma che trema. Come è la stella, presente e sicura, senza voce e senza tatto, nel cuore aperto, sereno, del lago. Quello che ti chiedo è solo che tu sia anima della mia anima, sangue del mio sangue dentro le vene. Che tu stia in me come il cuore mio che mai vedrò, toccherò e i cui battiti non si stancano mai di darmi la mia vita fino a quando morirò. Come lo scheletro, il segreto profondo del mio essere, che solo mi vedrà la terra, però che in vita è quello che si incarica di sostenere il mio peso, di carne e di sogno, di gioia e di dolore misteriosamente senza che ci siano occhi che mai lo vedano. Quello che ti chiedo è che la corporea passeggera assenza, non sia per noi dimenticanza, né fuga, né mancanza: ma che sia per me possessione totale dell’anima lontana, eterna presenza.

Distacco
(Anna Achmàtova)

Ho davanti la via isoscele della sera. Già ieri, innamorato, supplicava: “Non dimenticarmi”. E adesso solamente i venti e i gridi dei pastori e i cedri agitati sopra fresche fontane.

Avrò notizie di te
(Paul Éluard)

Avrò notizie di te se entro nel sole. Nel magma dei vulcani coglierò il tuo colore. Ti cercherò nel fondo degli abissi, nel mormorio del vento. T’ascolterò adagiati sulla luna, ci parleremo, ci culleremo nell’occhio del ciclone, Perché nel mondo dei sogni io t’ho incontrata.

Ascolta
(Vladimir Vladimirovic Majakovskij)

Gettami in viso la parola terribile. Perché non vuoi udire? Non senti che ogni tuo nervo contorto urla come una tromba di vetro l’amore è morto… l’amore è morto… ascolta rispondimi senza mentire… come due fosse in viso ti si scavano gli occhi… lo so che già consumato è l’amore. Ormai a più d’un segno vi riconosco la noia.

Amai
(Umberto Saba)

Amai trite parole che non uno osava. M’incantò la rima fiore amore, la più antica difficile del mondo. Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno obliato, che il dolore riscopre amica. Con paura il cuore le si accosta, che più non l’abbandona. Amo te che mi ascolti e la mia buona carta lasciata al fine del mio gioco.

Per un amore perduto
(Allan Riger-Brown)

Forse mi dimenticherai.
Lo scorrere del tempo ti aiuterà:
altri sguardi, altri sorrisi
desteranno un sussulto nel tuo cuore.
Un altro sole ti scalderà.
Altre piogge, altre lacrime bagneranno il tuo volto.
Altre brezze si confonderanno
con i tuoi sospiri
ed io non sarò più per te che un nome, un’ombra.
O forse un giorno,
quando cercando te stessa
avrai ancora affondato le mani nella vita,
quando sarai finalmente convinta
che chi sei è dentro di te,
non fuori, non nei corpi più belli,
non nei paesaggi profumi sapori più splendidi,
ma dentro di te,
forse allora mi ricorderai
e saprai che ciò che vedesti specchiato nei miei occhi
fu quel luogo recondito.
Ciò che svelammo un attimo insieme
fu noi stessi.
E fu il sussulto più dolce, più vero.

Ad uno sconosciuto
(Walt Whitman)

Sconosciuto che passi! tu non sai con che desiderio io ti guardo, tu devi essere colui che io cercavo, o colei che cercavo (mi arriva come un sogno), certamente ho vissuto in qualche luogo una vita di gioia,con te tutto è ricordato, mentre passiamo l’uno vicino all’altro fluido, amorevole, casto, maturo sei cresciuto con me, sei stato ragazzo o ragazza con me, io ho mangiato e dormito con te, il tuo corpo è diventato qualcosa che non appartiene soltanto a te, né ha lasciato che il mio restasse mio soltanto, mi hai dato il piacere dei tuoi occhi, del tuo volto, della tua carne, mentre io passo tu ne prendi in cambio dalla mia barba, dal mio petto, dalle mie mani, non devo parlarti, devo pensarti a te quando seggo da solo o veglio la notte da solo devo aspettarti, non dubito che t’incontrerò ancora, e a questo devo badare, di non perderti.

A un cuore in pezzi
(Emily Dickinson)

A un cuore in pezzi
Nessuno s’avvicini
Senza l’alto privilegio
Di aver sofferto altrettanto.

A noi venne Amore nei tempi andati
(James Joyce)

A noi venne Amore nei tempi andati, che l’una al crepuscolo schiva sonava e l’altro accanto stava pauroso… Che Amore in principio è tutto tremore. Fu grave amarsi. Finito è l’amore, le sue dolci ore non rare. Salutiamo finalmente le strade per cui dovremo andare.