Le 20 più belle Poesie d’Amore di Shakespeare

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Di seguito, scopriamo insieme una raccolta delle più belle Poesie d’Amore di Shakespeare: pensieri dolci e romantici, parole in grado di far battere il cuore degli innamorati. Una selezione di poesie da dedicare a una persona speciale.

Tra le più belle dediche d’amore ci sono indubbiamente le poesie. Perché l’amore è fatto così, vive di gesti inaspettati, di sorprese capaci di sciogliere il cuore. Tra sonetti e tragedie, William Shakespeare ha raccontato l’amore in ogni sua sfaccettatura. La passione giovanile, quella che conduce alla follia e poi alla morte. Le sue parole ci fanno sognare ancora oggi. Anche attraverso le sue poesie. Ecco 20 poesie d’Amore di Shakespeare.

Sonetti e Poesie d’Amore di Shakespeare

Sonetto 22

Lo specchio non mi convincerà che sono vecchio, finché tu e giovinezza avrete la stessa età; ma quando in te io scorgerò i solchi del tempo attenderò che morte dia pace ai giorni miei. Poiché tutta la bellezza che ti inonda altro non è che degna veste del mio cuore che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio: come potrei dunque esser io più vecchio? Perciò, amore, abbi cura di te stesso così come io farò, non per me, ma per te custodendo il tuo cuore che terrò così prezioso qual tenera nutrice il suo bimbo da mal protegga. Non sperare nel tuo cuore quando il mio sarà distrutto: tu mi hai donato il tuo non per averlo indietro.

Sonetto 73

In me tu vedi quel periodo dell’anno quando nessuna o poche foglie gialle ancor resistono su quei rami che fremon contro il freddo, nudi archi in rovina ove briosi cantarono gli uccelli. In me tu vedi il crepuscolo di un giorno che dopo il tramonto svanisce all’occidente e a poco a poco viene inghiottito dalla notte buia, ombra di quella vita che tutto confina in pace. In me tu vedi lo svigorire di quel fuoco che si estingue fra le ceneri della sua gioventù come in un letto di morte su cui dovrà spirare, consunto da ciò che fu il suo nutrimento. Questo in me tu vedi, perciò il tuo amor si accresce per farti meglio amare chi dovrai lasciar fra breve.

Sonetto 130

Gli occhi della mia donna non sono come il sole; il corallo è molto più rosso delle sue labbra: se la neve è bianca, allora perché i suoi seni sono grigi? Se i capelli devono essere filamenti, fili neri crescono sulla sua testa Ho visto rose variegate, rosse e bianche, ma non ho visto alcuna rosa sulle sue guance; e c’è più delizia in altri profumi che nell’alito che il mio amore esala. mi piace sentirla parlare, perché so che la sua voce, per me, è come musica; quando la vidi non mi sembrò una dea: la mia donna, quando cammina, non ha grazia. E nonostante ciò, il mio amore è cosi raro come se lei fosse stata elogiata da falsi paragoni.

Sonetto 92

Fai pure del tuo peggio per sottrarti a me,
ma per tutta la vita mi apparterrai:
vita che non durerà più a lungo del tuo amore,
perché essa completamente da quell’amore dipende.
Non devo perciò temere il massimo dei mali,
dal momento che il minimo di essi mi può causare la fine;
esiste per me un più felice stato
di questo continuo dipendere dai tuoi umori!
Tu non puoi torturarmi con la tua incostanza,
ne va della mia vita col tuo disdegno.
Oh, quale titolo alla felicità posseggo:
pago di avere il tuo affetto, contento di dover morire!
C’è cosa tanto bella che non tema macchia?
Tu potresti ingannarmi e io non saperlo.

Sonetto 28

Come posso ritrovare la mia pace
se il ristoro del sonno mi è negato?
Se l’affanno del giorno non riposa nella notte
ma giorno da notte è oppresso e notte da giorno?
Ed entrambi, anche se l’un l’altro ostili,
d’accordo si dan mano solo per torturarmi
l’uno con la fatica, l’altra con l’angoscia
di esser da te lontano, sempre più lontano.
Per cattivarmi il giorno gli dico che sei luce
e lo abbellisci se nubi oscurano il suo cielo:
così pur blandisco la cupa notte dicendo
che tu inargenti la sera se non brillano stelle.
Ma il giorno ogni giorno prolunga le mie pene
e la notte ogni notte fa il mio dolor più greve.

Sonetto 1

Alle meraviglie del creato noi chiediam progenie perché mai si estingua la rosa di bellezza, e quando ormai sfiorita un dì dovrà cadere, possa un suo germoglio continuarne la memoria: ma tu, solo devoto ai tuoi splendenti occhi, bruci te stesso per nutrir la fiamma di tua luce creando miseria là dove c’è ricchezza, tu nemico tuo, troppo crudele verso il tuo dolce io. Ora che del mondo sei tu il fresco fiore e l’unico araldo di vibrante primavera, nel tuo stesso germoglio soffochi il tuo seme e, giovane spilorcio, nell’egoismo ti distruggi. Abbi pietà del mondo o diverrai talmente ingordo da divorar con la tua morte quanto a lui dovuto.

All’amata

Se leggi questi versi, dimentica la mano che li scrisse: t’amo a tal punto che non vorrei restar nei tuoi dolci pensieri, se il pensare a me ti facesse soffrire.

Sonetto 142

Amore è il mio peccato e odio la tua miglior virtù: odio del mio peccato, fondato su amor colpevole. Oh ma confronta il mio stato al tuo e scoprirai che il mio non merita rimprovero; o se lo merita, non da quelle labbra tue che hanno profanato il carminio che le adorna e al pari delle mie suggellato falso amore, sottraendo a letti altrui i lor legittimi piaceri. Sia mio diritto amarti, come tu ami quelli che i tuoi occhi anelano quanto i miei ti tediano: radica nel tuo cuor pietà, affinché crescendo, possa la tua pietà meritare d’essere pietita. Se cercherai di avere quanto tu or rifiuti dal tuo stesso esempio potrà esserti negato.

Sonetto 10

È infamia il tuo negare amore verso gli altri tu che per te stesso sei così inaccorto. Si può ammettere, se vuoi, che sei da molti amato ma è molto più evidente che tu non ami alcuno: sei tanto posseduto da odio distruttore che neppur contro te stesso esiti a tramare, portando alla rovina una splendida dimora che per tuo desiderio dovresti rinsaldare. Muta il tuo pensiero affinché io muti il mio sentire! Dev’essere meglio accolto l’odio dell’amore? Sii piacente e generoso come la tua persona o prova a te stesso almeno il tuo nobil cuore: fa’, per amor mio, che un altro te abbia vita affinché la tua bellezza continui a rifiorire.

Sonetto 47

I miei occhi e il cuore son venuti a patti ed or ciascuno all’altro il suo ben riversa: se i miei occhi son desiosi di uno sguardo, o il cuore innamorato si distrugge di sospiri, gli occhi allor festeggian l’effigie del mio amore e al fantastico banchetto invitano il mio cuore; un’altra volta gli occhi son ospiti del cuore che a lor partecipa il suo pensier d’amore. Così, per la tua immagine o per il mio amore, anche se lontano sei sempre in me presente; perché non puoi andare oltre i miei pensieri e sempre io son con loro ed essi son con te; o se essi dormono, in me la tua visione desta il cuore mio a delizia sua e degli occhi.

Sonetto 66

Stanco di tutto questo, morte quieta imploro,
se vedo il pregio onesto nato senza decoro,
e felice e agghindata l’insulsa nullità,
E la fede più pura subire slealtà,
E l’onore dorato agli infami spacciato,
E la pura virtù trascinata a puttana,
e ciò ch’è fatto bene subire la buriana,
E la forza svilita da una storpia potenza,
E l’arte resa muta da chi tiene licenza
E la dotta follia mettere sotto il genio,
E l’evidenza immota spacciata per idiota,
E il bene incarcerato dal male suo capestro.
Stanco di tutto questo, vorrei da questo andare
Se, morto,  non dovessi il mio amore lasciare.

Sonetto 116

Non sia mai ch’io ponga impedimenti all’unione di anime fedeli; Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l’altro s’allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la stella-guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza. Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote dovran cadere sotto la sua curva lama; Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.

Sonetto 57

Essendo schiavo tuo, che altro potrei fare se non servir ore e momenti di ogni tuo volere? Non è prezioso il tempo che io ho da spendere, né servigi da rendere finché tu non li chieda. Né oso io dolermi di quei momenti senza fine mentre, mio signore, guardo l’ora in tua attesa, né giudico esasperante l’amarezza dell’assenza quando al tuo servitore tu hai detto addio. Né oso domandare al mio pensier geloso ove tu possa essere o supporre cosa stia facendo, ma in triste schiavitù io aspetto e solo penso quanto tu renda felice chi ti sta vicino. L’amore è così sciocco che in ogni tuo piacere, qualunque sia il tuo agire, non crede in alcun male.

Sonetto 46

I miei occhi e il cuore sono in conflitto estremo per contendersi l’immagine della tua persona: gli occhi al cuor vorrebbero celare la tua effigie, agli occhi il cuor contesta la libertà di tal diritto. Il cuore a difesa adduce che tu dimori in lui – un tempio mai violato da sguardi penetranti – ma gli accusati negano tal dissertazione, dicendo che in loro giace il tuo bel sembiante. Per attribuir questo diritto si convoca in giuria un esame dei pensieri che al cuore son fedeli, e per verdetto loro viene aggiudicata la parte dei puri occhi e quella del caro cuore: così: agli occhi spetta la tua esteriorità, e diritto del mio cuore è il tuo profondo amore.

Sonetto 109

No, non dire mai che il mio cuore è stato falso anche se l’assenza sembrò ridurre la mia fiamma; come non è facil ch’io mi stacchi da me stesso, così è della mia anima che vive nel tuo petto: quello è il rifugio mio d’amore; se ho vagato come chi viaggia, io di nuovo lì ritorno fedelmente puntuale, non mutato dagli eventi, tanto ch’io stesso porto acqua alle mie colpe. Non credere mai, pur se in me regnassero tutte le debolezze che insidiano la carne, ch’io mi possa macchiare in modo tanto assurdo da perdere per niente la somma dei tuoi pregi: perché niente io chiamo questo immenso universo tranne te, mia rosa; in esso tu sei il mio tutto.

Sonetto 91

Vi è chi vanta la propria nascita, chi l’ingegno, chi la ricchezza, chi la forza fisica, chi il vestire alla moda anche se stravagante, chi vanta falchi e cani e chi i cavalli. E ogni temperamento ha una sua tendenza innata in cui trova una gioia superiore al resto; ma queste piccolezze non s’addicon al mio metro: io tutte le miglioro in un solo immenso bene. Per me il tuo amore è meglio di nobili natali, più ricco della ricchezza, più fiero dell’eleganza, di maggior diletto dei falchi o dei cavalli e avendo te, di ogni vanto umano io mi glorio: sfortunato solo in questo, che tu puoi togliermi ogni cosa e far di me l’essere più misero. Non ti amo con i miei occhi Per la verità, io non ti amo coi miei occhi, perché essi vedono in te un mucchio di difetti; ma è il mio cuore che ama quel che loro disprezzano e, apparenze a parte, ne gode alla follia. Né i miei orecchi delizia il timbro della tua voce, né la mia sensibilità è incline a vili toccamenti, né il mio gusto e l’olfatto bramano l’invito al banchetto dei sensi con te soltanto. Ma né i miei cinque spiriti, né i miei cinque sensi possono dissuadere questo mio sciocco cuore dal tuo servizio, avendo ormai perso ogni sembianza umana, ridotto a schiavo e misero vassallo del tuo superbo cuore. Solo in questo io considero la mia peste un bene: che chi mi fa peccare, m’infligge pure la penitenza.

Sonetto 145

Quelle labbra che Amor creò con le sue mani bisbigliarono un suono che diceva “Io odio” a me, che per amor suo languivo: ma quando ella avvertì il mio penoso stato, subito nel suo cuore scese la pietà a rimproverar la lingua che sempre dolce soleva esprimersi nel dar miti condanne; e le insegnò a parlarmi in altro modo, “Io odio” ella emendò con un finale, che le seguì come un sereno giorno segue la notte che, simile a un demonio, dal cielo azzurro sprofonda nell’inferno. Dalle parole “Io odio” ella scacciò ogni odio e mi salvò la vita dicendomi “non te”.

Sonetto 29

Quando, inviso alla fortuna e agli uomini, in solitudine piango il mio reietto stato ed ossessiono il sordo cielo con futili lamenti e valuto me stesso e maledico il mio destino: volendo esser simile a chi è più ricco di speranze, simile a lui nel tratto, come lui con molti amici e bramo l’arte di questo e l’abilità di quello, per nulla soddisfatto di quanto mi è più caro: se quasi detestandomi in queste congetture mi accade di pensarti, ecco che il mio spirito, quale allodola che s’alzi al rompere del giorno dalla cupa terra, eleva canti alle porte del cielo; quel ricordo del tuo dolce amor tanto m’appaga ch’io più non muto l’aver mio con alcun regno.

Sonetto 88

Quando avrai deciso di non stimarmi più ed esporrai i miei meriti al pubblico disprezzo, contro me stesso combatterò al tuo fianco e proverò che sei sincero pur sapendoti spergiuro. Conoscendo a fondo ogni mia mancanza, a tuo sostegno potrei portare a conoscenza colpe nascoste di cui mi son macchiato, affinché perdendomi tu possa averne gloria: e in tal modo anch’io ne sarei gratificato: perché volgendo a te ogni mio pensier d’amore, le gravi accuse che imputerò a me stesso, dando a te un vantaggio, doppio per me sarà. Il mio amore è così grande, talmente ti appartengo, che per la tua ragione sopporterò ogni torto.

Sonetto 49

Per quel giorno, se mai verrà quel giorno,
in cui ti vedrò accigliare ad ogni mio difetto,
e chiuderà il tuo amore il suo conto estremo
spinto a tal giudizio da sagge riflessioni:
per quel giorno in cui m’incontrerai da estraneo
senza volgere al mio viso il sole dei tuoi occhi,
e l’amor, mutato da quel era un tempo,
troverà ragioni di una certa gravità:
per quel giorno, dovrò cercare asilo
dentro la coscienza dei miei soli meriti,
e alzerò davanti a me questa mia mano
per parare quanto addurrai a tua ragione.
Per lasciar me miserabile tu hai la forza delle leggi
mentre io d’esser amato non posso vantar diritti.

Sonetto 54

Quanto ancor più bella sembra la bellezza,
per quel ricco ornamento che virtù le dona!
Bella ci appar la rosa, ma più bella la pensiamo
per la soave essenza che vive dentro a lei.
Anche le selvatiche hanno tinte molto intense
simili al colore delle rose profumate,
hanno le stesse spine e giocano con lo stesso brio
quando la brezza d’estate ne schiude gli ascosi boccioli:
ma poiché il loro pregio è solo l’apparenza,
abbandonate vivono, sfioriscono neglette e
solitarie muoiono. Non così per le fragranti rose:
la loro dolce morte divien soavissimo profumo:
e così è; per te, fiore stupendo e ambito,
come appassirai, i miei versi stilleran la tua virtù.

Sonetto 18

Posso paragonarti a un giorno d’estate? Tu sei più amabile e più tranquillo. Venti forti scuotono i teneri boccioli di Maggio, e il corso dell’estate ha fin troppo presto una fine. Talvolta troppo caldo splende l’occhio del cielo, e spesso la sua pelle dorata s’oscura; ed ogni cosa bella la bellezza talora declina, spogliata per caso o per il mutevole corso della natura. Ma la tua eterna estate non dovrà svanire, né perder la bellezza che possiedi, né dovrà la morte farsi vanto che tu vaghi nella sua ombra, quando in eterni versi nel tempo tu crescerai: finché uomini respireranno o occhi potran vedere, queste parole vivranno, e daranno vita a te.