Proverbi sul Cibo e Culinari: i 130 più belli e divertenti

proverbi sul cibo

Con questa raccolta scopriamo insieme i più bei proverbi sul cibo, sul mangiare e culinari. Proverbi divertenti e ironici sullo stretto rapporto che lega gli uomini al cibo, ma anche alle proprie tradizioni culinarie. Perché alcuni piatti e ricette fanno proprio parte della nostra cultura, vanno cucinati e mangiati in un certo modo, e sono molto più che semplici alimenti. E in Italia abbiamo infiniti esempi. Ogni regione ha i propri prodotti tipici e relative ricette, e questo fa sì che la cucina italiana sia rinomata in tutto il mondo, dai vini alla pizza.

Cucinare ĆØ un modo per dimostrare amore, cura e dedizione verso le persone più importanti della nostra vita. La nostra famiglia, i nostri amici, i nostri figli e la nostra anima gemella. CosƬ come il pasto diventa un’occasione per stare insieme e condividere momenti preziosi. Spesso in barba alla dieta. Ecco 130 proverbi sul cibo.

Aforismi, Citazioni, Frasi e Proverbi sul Cibo

Arrivato mezzogiorno chi ha fame gira intorno.

Anche la regina Margherita mangia il pollo con le dita.

Al contadino non far sapere quanto ĆØ buono il formaggio con le pere.

Ad ogni pentola il suo coperchio.

Acqua cotta e panatella cava il monaco dalla cella.

A pancia piena si ragiona meglio.

A chi mangia sempre polli vien voglia di polenta.

Tutto fa brodo.

Tutto ciò che ĆØ proibito, ĆØ boccon dell’appetito.

Troppi cuochi guastano la cucina.

Troppe salse vivande false.

Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.

Tanto l’amore quanto la minestra di fagioli vogliono uno sfogo.

Se si litiga in cucina ogni pasto va in rovina.

Se non ĆØ zuppa ĆØ pan bagnato.

Se il ricco conoscesse la fame del povero, gli darebbe del suo pane.

Riso e fagioli fan crescere i figliuoli.

Quando si mangia non si parla.

Piatto ricco mi ci ficco.

Pancia vuota non sente ragioni.

Pancia troppo piena brutti sogni mena.

Pancia piena non crede a digiuno.

O mangi questa minestra o salti la finestra.

Meglio un uovo oggi che una gallina domani.

Mangiar molto e far buona digestione, ĆØ un privilegio che han poche persone.

La polenta ĆØ utile per quattro cose: serve da minestra, serve da pane, sazia e scalda le mani.

La più bell’ora per il mangiare ĆØ quella in cui si ha fame.

La pancia del buongustaio ĆØ il cimitero dei cibi buoni.

La fame condisce tutte le vivande.

L’appetito vien mangiando.

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.

Il cibo gradito ĆØ meglio digerito.

I poveri cercano il mangiare per lo stomaco; e i ricchi lo stomaco per mangiare.

I fagioli sono la carne dei poveri.

Ecco il rimedio per l’ipocondria: mangiare e bere in buona compagnia.

Dove non c’è fieno, i cavalli mangiano paglia.

Chi va a letto senza cena, tutta la notte si dimena.

Chi non mangia ha giĆ  mangiato.

Chi mangia sempre torta se ne sazia.

Chi ha denti non ha pane e chi ha pane non ha denti.

Chi ĆØ svelto a mangiare ĆØ svelto a lavorare.

Chi ben cena ben dorme.

Bisogna mangiare per vivere e non vivere per mangiare.

Bacco, tabacco e Venere, riducono l’uomo in cenere.

Aver fame e non gradire, aver sonno e non dormire, aver fretta e non venire, sono tre cose da morire.

AstƬpete ā€˜o milo pe’ quanno tiene sete (conservati una mela per quando hai sete).

Assai digiuna chi mal mangia.

Aspittari e nun viniri, jiri a tavula e nun manciari, jiri a lettu e nun durimiri su tri peni di muriri (aspettare qualcuno che non viene, andare a tavola e non mangiare, andare a letto e non dormire sono tre pene da morire).

Asparagi, funghi e granchi: molto spendi, poco mangi.

Asino che ha fame mangia d’ogni strame.

Aranci aranci, cu havi guai si li chianci (aranci aranci, chi ha guai se li pianga da solo).

Amicizia stretta dal vino non dura da sera a mattino.

Al piccione ingordo scoppia il gozzo.

Al contadino non devi far sapere quanto ĆØ buono il cacio con le pere.

Acqua cotta e panatella, cava il monaco dalla cella.

A gusto guasto ĆØ cattivo ogni pasto.

A ā€˜o munno quattro cose te fanno cunzulĆ : ā€˜a femmena, l’argiamma, lo suonno e lu magnĆ .

ā€˜A meglia mericina: vino e campagna e purpette e cucina.

ā€˜A capa ĆØ ā€˜na sfoglia ā€˜e cepolla (la testa ĆØ come una cipolla).

ā€˜Na mela fracica ne guasta cento bbone.

Buon vino fa buon sangue.

Chi beve vino prima della minestra saluta il medico dalla finestra.

Chi canta a tavola e fischia a letto, ĆØ matto perfetto.

Chi chieja ā€˜o sarvietto a tavula, ĆØ segno che llĆ  nun ā€˜nce vo’ magnĆ  cchiù.

Chi ciĆ  er pane nun ciĆ  li denti, e chi ciĆ  li denti nun ciĆ  er pane.

Chi cucina colle frasche, la minestra sa di fumo.

Chi ha mangia, chi non ha s’arrangia.

Chi ha patito la fame, sa che cos’è la carestia.

Chi magna a Natale e pava a Pasca, fa nu buono Natale e mala Pasca.

Chi mangia da solo si strozza in solitudine.

Chi mette speranza a la pignata d’autre, se non ha magnato, manco magna.

Chi non beve vino, Dio gli levi l’acqua.

Chi s’impiccia co’ le frasche la minestra je pija de fumo.

Chi semmena grano, nun coglie ardiche (chi semina grano non coglie ortiche).

Chi spizzica non digiuna.

Chi vuol viver sano e lesto, mangi poco e ceni presto.

Con patate e cipolle dentro l’orto, mai di fame nessuno ĆØ morto.

Daje e daje le cipolle diventeno aje.

Dio manda il pane a chi non ha i denti.

Donne, ricette e mode, chi li capisce gode.

Dove regna il vino non regna il silenzio.

Due dita di vino, sono un calcio al medico.

E’ meglio andare a letto con la fame, che cucinare sul rame.

E’ meglio pane e cepolla ā€˜a casa toja ca galline e fassano ā€˜n casa d’autre.

E’ meglio un uovo oggi che una gallina domani.

Fagiolo a fagiolo, si empie il paiolo.

Fame piccola fame vispa, fame grande fame trista.

Fernesce tutto a tarallucce e vino.

Freddo e fame, fanno brutto il pellame.

Gallina vacchia fa buon brodo.

Il miglior condimento del cibo ĆØ la fame.

Il pan di casa stufa.

Il vino annacquato fa l’uomo scialacquato.

L’acqua fa male e il vino fa cantare.

L’amore ĆØ come il cetriolo: dolce all’inizio e amaro alla fine.

L’appetito vien mangiando, la sete se ne va bevendo.

L’intemperanza gonfia la panza.

L’ospite ĆØ come il pesce: dopo tre giorni puzza!

La cipolla ha parecchie virtù, ed una almeno la senti anche tu.

La donna è come la castagna: bella de fÓra e ddrento ha la magagna.

La farina del diavolo va tutta in crusca.

La migliore carne ĆØ quella vicino all’osso.

La pignata taliata ā€˜un vugghi mai (la pentola guardata non bolle mai).

Li guai di la pignata li sapi la cucchiara chi li rimina (i guai della pentola li conosce solo il cucchiaio che li mescola).

Lu Signuri duna viscotta a cù nun avi anghi (Dio dà biscotti agli sdentati).

Meglio murƬ sazio che campƠ digiuno.

NƩ amico riconciliato, nƩ pietanza due volte cucinata.

Nella botte piccola c’è il vino buono.

Non rompere le uova nel paniere.

Non si fanno le nozze con i fichi secchi.

Nun ĆØ pussibbele avere grieco e cappucce, la votta chiena e a mugliera ā€˜mbriaca.

O gnuno tira l’acqua al suo mulino, diceva l’oste battezzando il vino.

Pancia mia fatti capanna.

Pignata taliata ā€˜un vugghi mai (pentola guardata non bolle mai).

Poca uva, molto vino; poco grano, niente pane.

Pollo, pizza e pani si mangiano con le mani.

Porta c’ tico e magna co’ mico (porta il cibo con te e mangia con me).

Quannu ā€˜u piru ĆØ maturu cari sulu (quando la pera ĆØ matura cade da sola).

Riempi il bicchier che ĆØ vuoto, vuota il bicchier che ĆØ pieno; non lo lasciar mai vuoto, non lo lasciar mai pieno.

Rizzi, pateddi e granci, spenni assai e nenti manci (ricci, patelle e granchi molto spendi e niente mangi).

Una tavola senza vino ĆØ come una giornata senza sole.

Una mela al giorno leva il medico di torno.

Un po’ di vino lo stomaco assesta, offende il troppo vin stomaco e testa.

Tutto ciò che ĆØ proibito ĆØ boccon dell’appetito.

Se un uomo ha fame, non dargli il pesce insegnagli a pescare.

Se ā€˜ngrassa ā€˜o puorco pe’ fa’ sasicce.